Monday, January 26, 2015

Not in the Mood, the unplaytested first draft

I contributed a game to Avery & Katrina's Rentpunk Game Jam: check it out. It's called Not in the Mood, it's unplaytested (do tell me if you ever try it out), an extremely minimalist design and it came from a sudden burst of inspiration at an unlikely early morning hour - which is why it wasn't in that last list of mine, of course.

Friday, January 23, 2015

Circle of Hands: impressioni alla lettura

Circa una settimana fa, su un forum, il mio amico Antonio chiedeva le prime impressioni di chi avesse già letto Circle of Hands di Ron Edwards. La mia risposta ha finito per essere quasi una recensione (del volume; non del gioco, che non ho giocato): eccola.

Interessante, stimolante alla lettura sotto molti aspetti, difficile (o almeno, mi fa l'impressione di un gioco difficile da portare al tavolo e da imparare, principalmente per via di come è fatto il manuale).
Si tratta di un volume di 220 pagine, di cui - tolte varie appendici anche interessanti e piacevoli - 160 circa sono l'effettivo manuale del gioco. Per i miei standard odierni, troppe! E lo dico in senso pratico: io ci ho messo giorni a leggerlo per intero, e il manuale tende a presumere che più persone nel gruppo l'abbiano letto, anzi, studiato con attenzione: perciò è chiaro che prima di poter cominciare a giocare la cosa deve essere programmata con largo anticipo. :(
In un certo senso, il gioco è un aggiornamento di un design "giovanile" di Edwards degli anni Novanta (il cui manoscritto integrale è presentato fra le appendici) per un gioco "fantasy". Dell'originale mantiene più o meno (a prima vista anche molto da vicino, poi ci sono variazioni sottili) quelle che io tendo a chiamare "le rotelle piccole": tiri di dadi, punteggi e simili meccanismi. In tono con questo retaggio, il manuale comprende cose come liste di incantesimi e un bestiario…
In realtà sono state rifatte (o, meglio dire, fatte da zero, dato che queste cose negli anni Novanta non si mettevano per iscritto) le "rotelle grandi": le macrostrutture di gestione della "campagna" e preparazione per la sessione (in inglese "venture"), le indicazioni tematiche e contenutistiche, tutto ciò che effettivamente dà al gioco un indirizzo preciso. Si tratta di un gioco inquadrabile, a parer mio, nella grande "famiglia" di Trollbabe: il GM prepara ogni volta una nuova location in cui esistono delle situazioni di conflitto fra PNG e il gioco consiste nella "collisione" fra i PG (estranei alla vicenda) e il materiale preparato. I PG sono, all'inizio della prima sessione, tratteggiati in maniera abbastanza schematica, perché è nel proseguire del gioco che acquistano maggiore consistenza (attraverso le loro scelte morali, tiene a specificare Edwards), e in definitiva questa "creazione dei personaggi" protratta nel tempo è il fine del gioco.
All'interno di questa famiglia di giochi, CoH presenta elementi specifici di forte originalità, in particolare il pool di PG (dovrei chiamarlo cerchia): nella prima sessione ciascun giocatore, compreso il GM, crea autonomamente 2 cavalieri, e dalla cerchia di protagonisti così costituita ciascun giocatore sceglierà di volta in volta quale giocare, con l'unico limite di non poter scegliere lo stesso PG due volte di seguito. Questo punta a de-enfatizzare la corrispondenza giocatore-personaggio e far acquistare ai cavalieri un protagonismo anche maggiore, man mano che un personaggio "preferito" passa da un giocatore all'altro con la propria storia di scelte passate. Un altro effetto della cerchia di PG è permettere la morte come esito di un conflitto (la storia di quel singolo personaggio finisce, senza "danni" a lungo termine per i giocatori): cosa che, nella visione di Edwards, permette di dare maggior peso alle scelte fatte durante il gioco.
La creazione iniziale dei personaggi, comunque, ha una forte componente casuale. A occhio, questa impatta per almeno il 50%. Ciò valga come avvertimento: non è consentito dalle regole del gioco arrivare alla prima sessione con un "concept" di personaggio da sviluppare; il compito del giocatore è piuttosto "leggere" una personalità in un set casuale di numeri (che determinano anche fattori come la regione di nascita, l'atteggiamento o i segni particolari) e stabilire perché questo particolare individuo si sia unito alla cerchia dei cavalieri-maghi di Rolke. L'enfasi, come già detto, è tutta su come i PG diventeranno - o sulle personalità che riveleranno - mediante le scelte che i giocatori faranno per loro durante le "venture".
Una forte casualità è prevista anche nel lavoro di preparazione del GM: questi infatti prepara da 1 a 3 "fronti" (per usare un termine di AW), ma è un tiro di dadi a dirgli quanti e di che tipo. Compito del GM è sviluppare questi semi in una situazione con alcuni PNG, ma senza esagerare (in uno di molti modi in cui sarebbe possibile "esagerare", su cui il manuale si dilunga parecchio). Mi pare un compito abbastanza interessante, paragonabile a creare la città in DitV, ma intenzionalmente meno organico, e penso proprio per questo potenzialmente più semplice e veloce: pronostico in 30 minuti il tempo medio di preparazione di una "venture", tutto compreso.
Al GM si richiede in particolare una rigorosa disciplina di non ingerenza: una volta preparati i materiali per la "venture" secondo le istruzioni, deve giocare tutti i PNG come personaggi e, in aggiunta a questo, inquadrare le scene secondo necessità con un occhio di riguardo ai "cross" - gli incroci coincidentali fra le vicende simultaneamente in corso. Deve astenersi dal prendere qualsiasi altra decisione che non sia giocare i propri personaggi come tali, dal tentare di dettare il ritmo della sessione, ecc. Per il mio gusto, quello del GM in CoH sembra un gran bel ruolo, in linea con quello del Maestro di Cerimonie in AW ma più leggero, con un minor numero di compiti.
Il manuale suggerisce invece che non spetti al GM stesso il compito di "esperto del sistema", in particolare nei combattimenti, ma che sia un altro giocatore a farsene carico. Purtroppo, un esperto del sistema serve eccome! La cosa che più mi spaventa in CoH è che il suo retaggio da gioco statunitense degli anni Novanta porta a meccaniche con un numero per me eccessivo di parti mobili, punteggi variabili e dettagli da ricordare. Il manuale da questo punto di vista è mal organizzato (sarebbe stato di grande aiuto un indice analitico! e magari anche un po' di accessori da stampare a parte la scheda del PG) e il rischio è che le prime sessioni si risolvano in un continuo sfogliare alla ricerca della regola per il caso particolare, salvo dimenticarne comunque la metà quando in retrospettiva sarebbe stato importante. Per esempio, temo che non mi azzarderei a giocare senza prima prepararmi uno schema a parte con tutti i casi particolari in cui un PG tira in svantaggio (con 1d6 invece che 2d6).
Pavento in particolare la risoluzione dei combattimenti, per la durata in tempo reale che potrebbe avere al tavolo. Le meccaniche sono raffinatissime… per un gioco degli anni Novanta, ma il loro retaggio si sente. Il sistema di iniziativa, per esempio, è intrigante e sofisticatissimo, con l'opzione di spendere punti di Brawn (all'atto pratico, PF nonché punti magia) per agire prima degli avversari, la dichiarazione dell'intento successivo inclusa nella risoluzione per dare un senso di simultaneità e il concetto del "cerchio" per tener traccia del continuo spostamento dell'ordine d'azione. Tuttavia, nell'anno 2015, ho davvero bisogno di un "sistema di iniziativa"? Di risolvere una scena di combattimento tirando dadi, facendo calcoli e aggiornando punteggi per ogni maledetto scambio di colpi? Per come è concepito questo gioco, purtroppo, sì, perché round dopo round, in relazione alle ferite subite, si presenta anche la scelta di utilizzare la magia, che è contemporaneamente tattica e morale (su questo tornerò)…
…Ma questo significa anche che, in soldoni, io non giocherò questo gioco. Non con il mio "gruppo" attuale, comunque, che ha come nocciolo il terzetto io, Barbara e Alessio, perché già ci siamo annoiati quasi a morte quando nel corso della nostra (altrimenti emozionantissima) saga di Sorcerer ambientata a Firenze ci siamo trovati, fortunatamente per due sole volte, a dover risolvere due scene di "combattimento" con numerosi PG, PNG e/o demoni coinvolti.
L'ambientazione di CoH si compone di due elementi che interagiscono: il substrato pseudo-storico e la presenza della magia.
La magia è definita come una forza aliena e disumanizzante. Nello specifico sono presentate due fazioni o forse forze cosmiche in conflitto, la magia nera e quella bianca, che possono ricordare lo scontro fra la "legge" e il "caos" nella concezione originale di Moorcock (per chi ha letto la saga di Elric): una delle due fazioni è forse più apprezzata dal PNG medio (la magia bianca può guarire da ferite e malattie) ed entrambe hanno convinti seguaci con un certo potere politico su scala locale, ma in ultima analisi sono due forze ugualmente terribili e distruttive per l'umanità. Questo approccio imprime all'ambientazione di CoH una piega "horror", in senso lato, che si riconferma anche in come sono trattate le varie creature nel bestiario: come elementi di trama, ciascuna con una scaletta per la tipica escalation della sua interazione con una comunità umana.
Ciò che comunque porta la magia in tutte le sessioni, anche quando non "risultano" maghi PNG o mostri dalla preparazione, è la presenza dei PG stessi. Il Circolo di cui fanno parte, infatti, è definito nell'ambientazione proprio dalla caratteristica unica di utilizzare sia la magia nera, sia la magia bianca. Questo perché il nuovo Re a cui ubbidiscono (una figura che, per esplicita indicazione di Edwards, deve rimanere sempre sullo sfondo e mai essere portata in scena) considera entrambe le fazioni di maghi come dei nemici, ma - a differenza per esempio della religione popolare, che nell'ambientazione insegna a diffidare della magia - ha deciso di sconfiggerle nel loro stesso gioco, impiegando opportunisticamente i poteri della magia bianca e nera uno contro l'altro per distruggerle entrambe! Di conseguenza, i PG con un background come "maghi" sono presumibilmente gli individui più potenti dell'ambientazione, avendo accesso all'intera lista degli incantesimi — tutti i PG hanno comunque la capacità di utilizzare alcuni incantesimi di entrambe le discipline.
I PG sono invitati ad utilizzare la magia in maniera tattica, fregandosene delle "filosofie" dei maghi PNG che sono, in definitiva, i loro nemici designati. Ogni volta che usano gli incantesimi accumulano però punti di colore bianco o nero: eccedere in una direzione o nell'altra porta ad acquisire potenti "doni" magici, ma anche a subire sgradevoli trasformazioni fisiche e infine a "trascendere" l'umanità per diventare qualcosa di mostruoso. Solo bilanciando strategicamente l'uso di incantesimi bianchi e neri, i PG possono continuare a lungo a camminare sul filo del rasoio, mantenendosi umani o, almeno, in possesso del proprio libero arbitrio (a seconda di come gioca coi punti, a lungo termine, un PG potrebbe anche trasformarsi in una potentissima abominazione a malapena umana con caratteristiche sia "infernali" sia "celestiali").
Tutto questo tema della magia disumanizzante, fonte di potere e causa di orrore, rende quasi obbligato un confronto con Sorcerer… Che, per il momento, mi sembra rimanga il gioco superiore, da questo punto di vista. Principalmente perché in Sorcerer è il gruppo di gioco a definire l'umanità e l'esatto senso in cui i demoni sono aberranti, mentre in CoH gli estremi della magia bianca e nera sono già descritti da Edwards, ritagliando una definizione implicita di umanità "preconfezionata" dall'autore. Il tutto mi risulta comunque abbastanza intrigante, ma non spero che possa raggiungere le stesse vette di viscerale e personale del suo primo gioco.
A completare la definizione di "umanità" c'è la società pseudo-storica delle Crescent Lands, descritta con una certa dovizia di dettagli. Da un lato credo che questo sia l'aspetto più attraente di tutto il gioco, ed anche il punto di maggior rottura con le convenzioni inveterate dei gdr fantasy (quel che io chiamo "western con le spade")… Ron parla di una società "dell'età del ferro", o "pre-medievale"; considerate le sue fonti dichiarate (anglo-sassoni e popolazioni baltiche pre-cristiane) io troverei più corretto parlare di "alto medioevo" in regioni periferiche dell'Europa settentrionale, lontane dai grandi imperi, ma tant'è. Comunque, parliamo di una civiltà realmente priva di ogni pretesa d'autorità centrale e, soprattutto, di un'economia che non vede la circolazione di alcuna valuta monetaria o equivalente. Si tratta di qualcosa di così radicalmente diverso da ogni realtà socioeconomica plausibilmente nota ai giocatori (salvo specialisti) che, anche quando ci sono le buone intenzioni, non ho mai visto raffigurare al tavolo con successo un'ambientazione simile. E infatti quel che mi piace è che il manuale fornisce alcuni buoni strumenti per riuscire nell'impresa! In particolare, il mio passaggio preferito è la spiegazione dettagliata di com'è viaggiare da un luogo all'altro in questa società, e di che cosa significa in pratica essere ospitati in una comunità: spiegazione che si traduce in indicazioni molto concrete su come inquadrare le prime scene di una "venture", in base allo strato sociale dei PG. In questo modo, ci sono le basi per portare le peculiarità dell'ambientazione in gioco.
Purtroppo, e nonostante questa perla, temo che l'impresa sia comunque troppo ambiziosa. L'ambientazione è descritta per pagine e pagine in elevato dettaglio, con elementi che - come per le regole - appaiono qua e là anche in contesti inaspettati. Qualche dettaglio sulle armi o sulla guerra che si nasconde in mezzo alle regole del combattimento, forse, o la presenza di animali addomesticati molto strani in alcune regioni, menzionata solo nella sezione "mostri" del bestiario… Nel complesso, una conoscenza completa dei vari aspetti per poterli effettivamente utilizzare al tavolo richiederebbe a tutto il gruppo la lettura completa del manuale (cosa che, in vita mia, non ho mai visto accadere - forse gioco con persone che hanno troppi altri hobby oltre questo?); in mancanza di ciò, qualcuno si ritroverà a fare "l'esperto dell'ambientazione", tediando tutti (e probabilmente con conflitto di interessi se questa persona è il GM). L'alternativa è che la maggior parte di queste informazioni di ambientazione vengano semplicemente ignorate, col rischio di andare a perdere quella che potenzialmente sarebbe una delle maggior peculiarità e ricchezze del gioco. Del resto il manuale consiglia che tutti abbiano letto le due o tre pagine di carrellata iniziale su regole ed ambientazione assieme, e che questo possa bastare… E probabilmente può, nel senso che si potrebbe trattare dei temi centrali del gioco anche in un'ambientazione pseudo-storica diversa, o in quella che il gruppo inevitabilmente si costruirà da solo a partire da quella manciata di suggestioni iniziali. Ma allora, perché investire decine di pagine nel parlare di dettagli che non verranno usati?
Insomma, alla fine questo gioco ripropone quello che - almeno nella mia esperienza personale - è l'annoso problema di tutti i gdr con "ambientazione originale e dettagliata": come portare questa ambientazione effettivamente nel gioco? E non riesce a risolverlo, forse neppure ci prova, riproponendo le stesse non-soluzioni che si sono sempre viste: tante pagine da leggere, ma consigli pratici per utilizzarne in maniera reale solo alcuni stralci. Di quella parte, geniale, sull'ospitalità e l'essere stranieri in una comunità locale farò sicuramente tesoro — per utilizzarla in altri giochi con ambientazioni alto-medievali, come per esempio Sagas of the Icelanders. Ma non riuscirò mai ad interessare qualcuno del mio gruppo a studiarsi un'ambientazione, per quanto interessante e ricca di spunti geniali, per poter giocare a un gioco, né tantomeno a sopportarne il mio "spiegone" riassuntivo modello conferenza (lo dico per esperienza: ci siamo già scottati con l'ambientazione - interessantissima e in definitiva completamente inutile - di Human Contact, che infatti fu riposto con sconforto sullo scaffale per tornare a giocare a Shock "liscio", dove tutta l'ambientazione necessaria la si crea assieme in max. 15 minuti). Peccato!
Del resto, tutto il manuale pecca - per come la vedo io - di stile e di linearità dell'esposizione. Come ho già detto e ribadito, le informazioni di tutti i tipi sono organizzate secondo una logica non sempre intuitiva, senza un indice che permetta di ritrovarle all'occorrenza. Ci sono continue polemiche ed invettive su come non si deve giocare, o su come un ipotetico lettore proveniente da altri giochi potrebbe erroneamente credere di dover giocare, che solo raramente aggiungono davvero chiarezza su qual è invece il modo "giusto" di giocare a CoH. Diciamo che l'obiettivo del testo sembra essere principalmente quello di comunicare la "visione" artistica dell'autore, e in questo probabilmente ha successo, ma in quanto manuale lo trovo debole sia come testo di riferimento, sia come testo di insegnamento. Niente di paragonabile alla linearità e alla chiarezza degli scritti recenti di Baker, Lehman, Morningstar, Mcdaldno, ecc., che ti dicono punto per punto come allestire il gioco e come giocare. Qui si ha più l'impressione che per imparare a giocare a CoH tu debba studiare: rileggere questo volume (che fa poco sforzo per insegnartelo) sottolineando e prendendo appunti, crearti da te i tuoi handout (anche se debbo spezzare una lancia a favore della scheda del PG, che sembra un ausilio efficiente alla creazione del personaggio, con elencate la maggior parte delle informazioni salienti) ed infine sperimentare.
Quindi: interessante, ma faticoso. Forse troppo, e non sono del tutto convinto che nel mio caso, col mio gruppo, ne valga davvero la pena.