Friday, May 29, 2009

Words of perfect wisdom

"The most important part of having fun with a game is matching the expectations of the players to what the game will really be like."
(quote from author's commentary to an installment of Irregular Webcomic; thx to Ben Lehman)

Thursday, May 28, 2009

Ma com'era poi andato a finire il Lil' Game Chef?

Questo post è rimasto in sospeso per circa 1000 anni, ma in fondo anche questo è tipico di me...

I lettori di questo blog potrebbero ricordare che Aeonaut, da me scritto per il Little Game Chef 2009 di Walmsley, Morningstar & Tuovinen, fu automaticamente squalificato perché inviato (circa un minuto) oltre la deadline. La mia reazione a questo fu nell'ordine del "comunque l'unica ricompensa possibile è la notorietà, giusto? perciò la otterrò ugualmente!", ovvero tentare in ogni modo di far parlare del mio elaborato nonostante - o proprio grazie a - la sua squalifica d'ufficio.
In questo, Eero Tuovinen mi è cortesemente venuto incontro, facendomi il favore di leggere il testo e commentarlo ugualmente (qui un divertente e interessante scambio tra me e lui a riguardo): commenti contemporaneamente molto positivi e molto negativi, tali da offrire lo spunto per un'ulteriore discussione, che prima o poi certamente inizierò.
Anche sul forum temporaneo dedicato alla critica alla pari per il Lil' Game Chef (forum che purtroppo sembra essere già andato offline) ho ottenuto una pletora di interessanti recensioni - perloppiù disgustate, ma questa sincerità la apprezzo! - per alcune delle quali, fra l'altro, debbo ancora sdebitarmi. E lo farò, sia pure con i tempi geologici che mi sono propri.


Ma se riesumo ora la questione è perché nel frattempo Aeonaut sembra aver suscitato l'interesse di alcuni amici italiani, a cominciare dal caro Andrea Castellani (con un'interessante circolarità karmica, in ragione del fatto che proprio dal suo lavoro ho tratto una definizione operativa di immedesimazione/immersion che per Aeonaut è stata fondamentale). Neanche i debiti di questa mia creazione nei confronti di Pathos sono passati insosservati, a quanto pare...
Mi son giunte quindi alcune esortazioni a tradurre Aeonaut in lingua italiana, di cui sono in verità lusingato, ma le disattenderò, almeno per il momento. Non vorrei, infatti, limitarmi a una traduzione: ci sono elementi del gioco (frettolosamente messo insieme nel corso d'una settimana) che, alla luce delle recensioni, vorrei cambiare, e la prossima "edizione" dovrà includere tali cambiamenti, anche se sarà redatta in italiano e non in inglese.
Questo vuol anche dire che, se qualcuno dei miei amici italiani (fra i quali annovero tutti i lettori di questo blog, ivi inclusi coloro che non ho mai incontrato) desiderasse provare il gioco nella sua attuale incarnazione, come presentato al contest, lo esorto a farlo presto, e utilizzando come "manuale" quello in inglese. È cosa che non dovrebbe presentarvi alcuna particolare difficoltà, secondo me, trattandosi di un puro e semplice testo di istruzioni, e non di una raccolta di contenuti, fatta salva una singola pagina d'ambientazione il cui vocabolario specifico è comunque per almeno metà in latino, né vi sono inclusi "hand-out" per i giocatori. Se qualcuno, anzi, dovesse tentare un tale playtesting, lo prego di parlarmene, prima e dopo! Potrei addirittura, con un po' di fortuna, aver modo di partecipare. Sarebbe senza dubbio il primo collaudo di Aeonaut, e i suoi esiti influirebbero enormemente sulla riedizione in italiano che farò.

Sunday, May 3, 2009

In a Wicked Age... oracoli in italiano, stampabili

Su Abulafia (che è una miniera di cose divertenti) sono disponibili per i giocatori di In a Wicked Age... di Vincent Baker anche gli Oracoli tradotti in italiano. Non so chi abbia realizzato queste traduzioni, e con molte delle sue scelte non sono neppure molto d'accordo, ma lo ritengo comunque una persona gentile per aver condiviso i frutti del suo lavoro con noi tutti.
Il mio approccio a un gioco come IaWA è però decisamente analogico: consultare gli Oracoli sullo schermo di un computer non m'interessa, voglio portarmi al tavolo un mazzo di carte e vederle manipolare fisicamente dai giocatori. Perciò, una volta, ho estratto il testo delle traduzioni dal codice delle pagine di Abulafia e l'ho impaginato per la stampa, un foglio per ciascuno dei quattro Oracoli. Questione di forse mezzora di lavoro, ma perché qualcun altro dovrebber rifarlo se l'ho già fatto io?


Naturalmente, io m'ero del tutto dimenticato d'aver fatto questo, una volta stampatane una singola copia che ho messo nella mia cartellina di IaWA. Ringrazio pertanto l'amico Mario il quale, facendomene richiesta per e-mail dopo averla vista a InterNosCon 2009, mi ha rammentato di avere sul mio hard-disk qualcosa che può tornare utile anche ad altri.

La pressione a sentirsi "autore"

Questo nostro piccolo mondo di praticanti del gdr in Italia è irrimediabilmente intriso di questa fortissima "ambizione d'autorialità".
Son qui che penso all'imminente AmberCon (ovvero la convention "del" Flying Circus, al di là delle peripezie storiche del nome, che quest'anno si svolgerà all'interno di Este in Gioco), e mi tormento pensando di dover assolutamente inserire nel palinsesto un "EVENTO MIO" - qualsiasi cosa ciò significhi, in fin dei conti. Tutti i progetti iniziati, magari da anni, e non ancora compiuti, sento una specie di obbligo morale a ultimarli e playtestarli proprio entro le prossime 3 settimane, onde poterli poi offrire in quel di Este a folle oceaniche di fan adoranti...
Lo pseudo-Braunstein che ho fatto fioretto di realizzare, prima o poi? Nel mio delirio autoindotto, già m'immagino a scriverlo interamente durante il volo intercontinentale Malpensa-Narita e relativo ritorno, per poi ritrovarmi esattamente due giorni dopo a proporlo al pubblico di una convention. Il che significherebbe, per dirne una (a parte la piccola ineleganza di presentarmi con un gioco mai playtestato, e a parte l'usuale stupidità di inserire in un palinsesto un evento non ancora scritto), proporre al pubblico un mucchio di schede del personaggio scritte a mano, nella "chiarissima" grafia per cui sono famoso. O magari comprarmi un portatile appositamente per questo?

Un evento MMMIO...!!!


E che cosa cazzo sarebbe, "un evento mio"?!

Semplicemente, è un retaggio. Un retaggio di quel "Master" con l'iniziale maiuscola che è contemporaneamente scrittore del dramma, regista della sua messa in scena, e forse anche interprete di più d'uno dei personaggi principali. Il master-intrattenitore, la cara vecchia scimmietta danzante, che si nobilita dicendosi "autore". Ma la sua vita è dura, povera bestia, e deve pur togliersi qualche soddisfazione, no?
È un retaggio di una gran parte della mia storia personale, che è difficile scrollarsi di dosso tutto d'un tratto. L'ultimo strisciante rantolo di quel me stesso che credevo sepolto da molti anni, il master "che gli avrebbe fatto schifo usare un'avventura preconfezionata". Certo... Quando non s'aveva un cazzo di cui vantarsi - né abilità né esperienza, né umiltà né palle - s'aveva orgoglio: abbastanza da riempirne una cisterna, o due.
Nei miei amici del Flying Circus, come anche in altra gente che fa live d'un certo valore - in gran parte della parte meglio del gdr italiano, insomma - la tendenza di cui sopra assume forme di gran lunga meno tumorali, che sento di commettere un'ingiustizia a paragonare a quelle del teenager (anagrafico oppure onorario) il quale conta sul tavolo da gioco come propria unica fonte di prestigio micro-sociale... eppure persiste. Persiste in forme intellettualmente tollerabili, ma insidiosamente pervicaci; e si nasconde, più di tutto, nella nostra ambizione mai del tutto sopita a sentirci autori. Ci arroghiamo le forme, allora, dell'essere autori di libri o d'altro: officiamo il sacro rito di scrivere il nostro nome sopra o sotto un titolo. E, con ogni volta che lo facciamo, un po' rischiamo di mortificare l'oggetto del nostro amore (il gdr, intendo): di svilirlo a calco d'altri più vecchi mezzi d'espressione.
Un game-designer e un teorico del gdr del calibro di Ron Edwards ci rammenta, fra le pagine di Spione, che i partecipanti a una sessione di Story Now sono tutti e in egual misura co-autori. Da un differente percorso arriva a conclusioni simili, nel suo Vademecum dello Stile Carsico, Andrea Castellani - che stimo come una delle menti più brillanti del live italiano, pur se rifiuta per la propria attività la categorizzazione di "gioco": i partecipanti al LARP sono co-autori di qualcosa, e l'organizzatore non è "più autore degli altri". Mi colpiscono ancora di più le conclusioni di Andrea quando penso all'assoluta preminenza, nel percorso che ve l'ha condotto, di quella struttura "a schede dei personaggi" che (più spesso che no) può consistere in una storia già scritta servita sbriciolata, con la "riuscita" del live che allora si misura sull'aderenza al copione non-del-tutto-scritto depositato in una singola testa. (Per conto mio, invece, io mi sono da tempo convinto che anche in quei casi un "personaggio" non esiste, non nasce, finché la sua "scheda" di carta non incontra la persona intera di un giocatore.)

No, questa volta alla AmberCon di Este io porterò eventi "miei" in tutt'altro senso: le mie scelte, giochi che mi piacciono di designer che ammiro, e cose che nessun altro avrebbe altrimenti pensato di portare. Avrò cura, soltanto, di scegliere giochi che per struttura ritengo capaci di offrire un'esperienza completa (la loro esperienza, vasta o limitata che sia) entro i tempi che mi sono dati. Non farò "demo", insomma: non nel senso di assaggi di gioco in pillole. (Ammetto, tuttavia, che le partite "demo" fatte recentemente a InterNosCon sono state per me soddisfacenti oltre ogni mia più ottimistica aspettativa.)